Bandiere arancioni, palloncini arancioni, droga in città: Giuliano Pisapia è il nuovo sindaco di Amsterdam [Spinoza.it]
Oggi fa un anno esatto che, se siete milanesi come me, respirate meglio. E non è un modo di dire: grazie all’Area C introdotta dalla giunta Pisapia il pm10 è sceso del 19% (-61% rispetto al 2008). Un bel numero da sventolare contro tutti i fantasmi che minacciano questa amministrazione. Si è cominciato quasi subito, con il bisticcio su Expo tra il sindaco e Boeri. Poi l’area C, appunto: per lasciare quattro suv fuori dalla cerchia delle mura si è portata dietro un tir di lamentele. E poi la linea rossa, che si ferma una mattina sì e l’altra pure per i test di collaudo del nuovo sistema di segnalamento. E poi… Macao.
Macao? Ma quelli che hanno occupato Macao non sono gli stessi che hanno passato le primarie a far campagna per Pisapia? (sì, in gran parte) Ma non sono gli stessi che hanno rimesso piede nelle urne apposta per votare un sindaco che non fosse espressione del Pd? (idem) E allora? Allora chi sono? Allora cosa vogliono? Allora cosa propongono?
Come ha detto Marco Travaglio (riferendosi, in quel caso, alle sentenze che hanno assolto Andreotti e Berlusconi): è come se vostro figlio portasse a casa una pagella piena di 3 e di 4 e in fondo ci fosse scritto “promosso”. Tutti gli articoli, i post, le analisi e i commenti che ho letto su Macao fanno lo stesso effetto. Si aprono con qualcosa di simile a “finalmente, ci voleva un’esperienza così a Milano” e si chiudono con “nonostante tutto sono riusciti ad imporre un problema”. In mezzo è tutto un fiorire di “ma” e di condizionali, di critiche nemmeno troppo sussurrate e di consigli. Sul “problema” che avrebbero posto, poi, ci sono tante versioni almeno quanti sono gli interventi.
Macao visto da qui è un gran casino di teste, di persone, di voglie disorganizzate. Macao visto da qui è un coacervo di opinioni che sgomitano per farsi sentire. Macao visto da qui è il solito mondo della sinistra alternativa milanese che, per una volta, si è mossa tutta insieme. Dimenticandosi di mettersi d’accordo su dove andare.
Ma Macao visto da qui è anche tanti giovani. Ed è inevitabile fare il confronto con gli autonomi parigini. Proprio questa settimana si svolge il Festival des Resistances et des Alternatives à Paris. Una roba che i miei contatti Facebook che hanno partecipato a Macao non vorrebbero perdersi per niente al mondo: decrescita, energia sostenibile, alternative anarchiche al capitalismo e ai governi autoritari, cancellazione del debito… e chi più ne ha più ne metta. Sto partecipando almeno a un incontro al giorno e devo ammettere che ci sono sempre almeno una quarantina di persone. Sempre le stesse – e, fin qui, non ci sarebbe nessuna differenza rispetto a Milano. Peccato che a Parigi il più giovane abbia cinquant’anni. Si chiamano per soprannome, quando qualcuno interviene gli altri sanno già cosa sta per dire. È una vita che si parlano addosso e non si sono ancora stancati.
I ragazzi che hanno la stessa età di quelli di Macao non vengono al Frap. Sono in strada a volantinare per le legislative, ben inseriti nel “sistema”. Magari stanno facendo uno stage o aspettano una chiamata dall’ufficio di collocamento, ma tutto sommato credono che questo “sistema” possa garantirgli un futuro.
Non ho ancora deciso se è triste che noi – i giovani italiani – siamo talmente disillusi da aggrapparci ad ideali vecchi di trent’anni; o se è triste che i giovani francesi siano talmente rassegnati da non inseguire più il sogno di una società diversa.