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A 900 km da Macao

In paris, pensandoci su on May 30, 2012 at 10:45 pm

Bandiere arancioni, palloncini arancioni, droga in città: Giuliano Pisapia è il nuovo sindaco di Amsterdam [Spinoza.it

Oggi fa un anno esatto che, se siete milanesi come me, respirate meglio. E non è un modo di dire: grazie all’Area C introdotta dalla giunta Pisapia il pm10 è sceso del 19% (-61% rispetto al 2008). Un bel numero da sventolare contro tutti i fantasmi che minacciano questa amministrazione. Si è cominciato quasi subito, con il bisticcio su Expo tra il sindaco e Boeri. Poi l’area C, appunto: per lasciare quattro suv fuori dalla cerchia delle mura si è portata dietro un tir di lamentele. E poi la linea rossa, che si ferma una mattina sì e l’altra pure per i test di collaudo del nuovo sistema di segnalamento. E poi… Macao.

Macao? Ma quelli che hanno occupato Macao non sono gli stessi che hanno passato le primarie a far campagna per Pisapia? (sì, in gran parte) Ma non sono gli stessi che hanno rimesso piede nelle urne apposta per votare un sindaco che non fosse espressione del Pd? (idem) E allora? Allora chi sono? Allora cosa vogliono? Allora cosa propongono?

Come ha detto Marco Travaglio (riferendosi, in quel caso, alle sentenze che hanno assolto Andreotti e Berlusconi): è come se vostro figlio portasse a casa una pagella piena di 3 e di 4 e in fondo ci fosse scritto “promosso”. Tutti gli articoli, i post, le analisi e i commenti che ho letto su Macao fanno lo stesso effetto. Si aprono con qualcosa di simile a “finalmente, ci voleva un’esperienza così a Milano” e si chiudono con “nonostante tutto sono riusciti ad imporre un problema”. In mezzo è tutto un fiorire di “ma” e di condizionali, di critiche nemmeno troppo sussurrate e di consigli. Sul “problema” che avrebbero posto, poi, ci sono tante versioni almeno quanti sono gli interventi.

Macao visto da qui è un gran casino di teste, di persone, di voglie disorganizzate. Macao visto da qui è un coacervo di opinioni che sgomitano per farsi sentire. Macao visto da qui è il solito mondo della sinistra alternativa milanese che, per una volta, si è mossa tutta insieme. Dimenticandosi di mettersi d’accordo su dove andare.

Ma Macao visto da qui è anche tanti giovani. Ed è inevitabile fare il confronto con gli autonomi parigini. Proprio questa settimana si svolge il Festival des Resistances et des Alternatives à Paris. Una roba che i miei contatti Facebook che hanno partecipato a Macao non vorrebbero perdersi per niente al mondo: decrescita, energia sostenibile, alternative anarchiche al capitalismo e ai governi autoritari, cancellazione del debito… e chi più ne ha più ne metta. Sto partecipando almeno a un incontro al giorno e devo ammettere che ci sono sempre almeno una quarantina di persone. Sempre le stesse – e, fin qui, non ci sarebbe nessuna differenza rispetto a Milano. Peccato che a Parigi il più giovane abbia cinquant’anni. Si chiamano per soprannome, quando qualcuno interviene gli altri sanno già cosa sta per dire. È una vita che si parlano addosso e non si sono ancora stancati.

I ragazzi che hanno la stessa età di quelli di Macao non vengono al Frap. Sono in strada a volantinare per le legislative, ben inseriti nel “sistema”. Magari stanno facendo uno stage o aspettano una chiamata dall’ufficio di collocamento, ma tutto sommato credono che questo “sistema” possa garantirgli un futuro.

Non ho ancora deciso se è triste che noi – i giovani italiani – siamo talmente disillusi da aggrapparci ad ideali vecchi di trent’anni; o se è triste che i giovani francesi siano talmente rassegnati da non inseguire più il sogno di una società diversa.

due/tre robe che volevo dire

In giornalismi on July 9, 2011 at 3:32 pm

perché non le sta dicendo nessuno:

1. Il giudizio di Cassazione è un giudizio di legittimità, non di merito. Tradotto, significa che la corte di Cassazione non dice se hai ragione o no, ma solo se il processo si è svolto correttamente secondo tutti i sacri crismi del codice. Quindi dire che la sentenza “sarà annullata dalla Cassazione” significa sostenere che si è sbagliato qualcosa. Per far annullare la sentenza bastano cose tipo notifiche all’indirizzo sbagliato, timbri mancanti, consegne oltre i termini e altre quisquilie, che un esercito di avvocati ben pagati riesce a trovare di sicuro. Non necessariamente significa che hai anche ragione. Di solito poi, quando la Cassazione trova uno di questi errori, rispedisce la causa al grado di giudizio in cui è stato commesso per far rifare tutto e decidere chi ha ragione. Sempre che l’ambaradan non sia già in prescrizione perché tra leggi e rinvii si è riusciti a far passare vent’anni.

2. Il danno per le aziende non è dover pagare un risarcimento quando è dovuto. Il maggior danno è non riuscire a recuperare i soldi dai propri debitori. Sospendere per legge sempre il pagamento dei risarcimenti provocherebbe un danno ben maggiore a tutte le medie e piccole imprese che magari ci hanno già messo 3 o 5 o 10 anni a riuscire a veder riconosciuto il loro diritto di farsi pagare, e alla fine del processo di appello dovrebbero aspettare altri sei mesi perché la sentenza diventi definitiva (già perché, nonostante quello a cui ci hanno abituati le cronache italiane, spesso la sentenza di appello diventa definitiva. Il ricorso in Cassazione non lo ordina mica il medico).

3. Finalmente si sta usando la parola “lodo” nel suo significato corretto. Usarlo per riferirsi alle leggi non vuol dire proprio un accidenti di niente.

non impareranno mai

In giornalismi on June 16, 2011 at 11:37 am

(per fortuna)

Come tutti i precari sfaccendati ho un blog e sono iscritta a tre social network. Ho letto la notizia della figuraccia di Brunetta online (parafrasando il suo capo, “è più incompetente che maleducato”). In pochi minuti sono finita su Youtube e  ho assistito all’ignoranza di Stracquadanio. Non ho fatto neppure in tempo a indignarmi che ho trovato chi lo ha fatto in modo più efficace.  Molto più efficace.

Possibile che non abbiano capito che il punto non è il web, ma le persone? Online leggiamo le notizie e le commentiamo. Sono anni che mr B. si dispera perché non riesce a prendere in giro i suoi avversari politici come la Guzzanti o Crozza o Luttazzi o Bertolino o… prendono in giro i politici di destra. E di sinistra (anche se questo dettaglio spesso sfugge). Cosa è cambiato con il web? Solo che non devo più aspettare la domenica sera per vedere la Littizzetto. In 10 minuti ci sono 100 persone che fanno 1000 battute più divertenti.

Ma, alla fine, il commento migliore l’ho trovato su un giornale di quelli con le pagine di carta, a firma di Gramellini:

Il ministro che prendeva gli applausi quando diceva che gli statali erano dei fannulloni, adesso prende i fischi quando afferma che fannulloni sono tutti gli italiani senza un posto garantito, statali precari compresi. In mezzo è cambiato il mondo, ma Brunetta evidentemente non se n’è accorto.

(La Stampa, 16 giugno 2011)

La Stampa però se n’è accorta, e il commento lo trovate anche online.

web communication

In giornalismi on May 25, 2011 at 11:58 am

Gran parte della campagna elettorale per Milano passa dal web. I giornali con le pagine di carta stanno ignorando completamente tutto quello che succede online, ma i candidati se ne sono accorti (…anche se i risultati lasciano a desiderare).

Ad esempio spiazza un po’ il fatto che, per attirare più “like” sulla sua pagina Facebook, Letizia abbia scelto il banner “Forza Milan“. La stessa Letizia che per presentarsi alle elezioni ha scelto il cognome del marito. Moratti. Avranno fatto un’indagine statistica sui cittadini milanesi per scoprire che ci sono più elettori della Moratti tra i tifosi del Milan? O hanno scoperto che i tifosi dell’Inter non risiedono a Milano? O sperano nell’effetto traino del presidente rossonero?

O forse ha rinunciato ai tifosi interisti dopo essere passata allo stadio domenica sera.